Studio Malandrino Alfredo

Prossimo decreto di agosto e proroga del divieto di licenziamento

Il nuovo decreto di agosto all’esame del Governo dovrebbe prevedere, oltre alla proroga della cassa integrazione, anche una misura ad hoc per incentivare la stipula di contratti a tempo indeterminato da affiancare alla nuova deroga al decreto, il prolungamento del divieto dei licenziamenti e un esonero contributivo temporaneo al 100%, per sei mesi, da riconoscere a tutte quelle aziende che assumono (o trasformano il rapporto) a tempo indeterminato.

Contratti a termine

Allo studio dei tecnici del MEF nel pacchetto lavoro, da includere nel decreto d’agosto, si scorge l’ipotesi dell’inserimento di una misura ad hoc per incentivare la stipula di contratti a tempo indeterminato da affiancare alla nuova deroga al decreto Dignità (stop alle causali su proroghe e rinnovi dei rapporti temporanei inclusa la somministrazione), che proseguirebbe, quindi, sino a fine anno.

Licenziamento

Sono determinati, inoltre, a confermare il prolungamento, attualmente vigente fino al 17 agosto, del divieto dei licenziamenti; l’idea, sempre più consistente, è quella di far proseguire il veto, assieme alla cassa integrazione, fino a dicembre.

Lo stop ai licenziamenti (9 mesi di blocco) è un argomento molto delicato viste, tra le altre, le criticità sottolineate da autorevoli giuristi connesse alla costituzionalità dell’intervento.

Esonero contributivo

Lo strumento, quindi, per incentivare i tassi di occupazione pensato dal Governo per il decreto di agosto, si lega al mantenimento del blocco dei licenziamenti e all’estensione della cassa integrazione e ipotizza un esonero contributivo temporaneo al 100%, per sei mesi, da riconoscere a tutte quelle aziende che assumono (o trasformano il rapporto) a tempo indeterminato.

L’aiuto proposto condiziona l’incentivo (stante il blocco dei licenziamenti), ad un incremento occupazionale e considerato il momento generalizzato di difficoltà, interesserà, quindi, quelle poche imprese che non hanno subito perdite di fatturato a causa della pandemia e anzi (bontà loro) sono riuscite a incrementare le loro commesse.

Considerazioni

Il meccanismo dovrebbe “incentivare”, innanzi tutto, il “mantenimento” (e sarebbe già un grande risultato) dei livelli di occupazione dei lavoratori delle imprese pre-covid.

Sarebbe auspicabile che, in piena pandemia economica, la decontribuzione possa operare anche a protezione delle PMI che hanno registrato, ad esempio, una perdita del fatturato nel 2020, rispetto all’esercizio precedente e che coraggiosamente mantengono inalterate le unità lavorative impiegate.

Sono numerosi i casi di attività economiche che si trovano ad operare scelte strategiche collegate alla pianta organica post-pandemia, tra uno scenario più prudente, che utilizzi il ricorso alla Cig, limitando le linee produttive o rinviando le implementazioni già a budget, ed un altro che contempli il mantenimento dei livelli occupazionali.

Al momento lo scenario si districa tra attività economiche che stanno rapidamente recuperando (poche) cash-flow e che potrebbero, quindi, incrementare i tassi di occupazione e coloro che stentano (molte) a recupere le perdite da lockdown e che decidono, pertanto, di mantenere le attività in stand-by.

Si potrebbe immaginare di avvicendare, quando possibile, lo strumento della Cig alla decontribuzione.

In quest’ottica, non si verrebbe “premiati” solo rispetto ad un ipotetico incremento occupazionale, ma si godrebbe della riduzione del costo del lavoro anche qualora venissero “semplicemente” mantenuti, nonostante si sia registrata una contrazione del fatturato, i livelli occupazionali dell’anno precedente.

Nel caso in specie l’aiuto, tra l’altro, non cadrebbe esclusivamente sulle filiere in “crescita”, ma sarebbe destinato anche alle imprese che hanno avuto un concreto danno (perdita di fatturato nell’anno in corso) dall’emergenza COVID-19 e che oggi sono sostenute, rispetto all’incidenza del costo del lavoro, dalla Cassa integrazione.